Noemi Cantele e Francesco CurciI giornalisti di Donna Moderna intervistano Noemi Cantele, una delle punte della nazionale ciclistica, nonchè praticante di Tai Chi all'interno di Energia e Forma, sotto la guida di Francesco Curci.

Soffia un vento nuovo nel ciclismo italiano. E' tutto al femminile, fresco e pulito come Noemi Cantele, una delle punte della Nazionale, Che racconta come sulle due ruote ti diverti, impari a conoscerti e a farti amare.

IN BICI TI SENTI IL MONDO IN MANO

La prima bici da corsa a 2 anni, regalata da nonno Raffaele. Le prime uscite con papà Giuseppe e zio Luciano, a 6 anni. Le prime gare con il fratello Adriano, a 13. Facile che,
quando la passione per le due ruote è di famiglia, una bambina venga su con il mito di Indurain e il poster in camera di Gianni Bugno. Così è stato per Noemi Cantele, una delle punte della Nazionale italiana femminile di ciclismo. Che racconta: "Io non giocavo con le bambole, giocavo con la mia biciclettina: era bordeaux, con i parafanghini, però già un modello da corsa. Per me è sempre stato un divertimento. Dopo è diventata una passione e, ora, la mia professione. Ma finchè ero ragazzina, sono sempre corsa in strada per sentire l'aria sulla faccia, per provare quel senso di libertà che, quando sei piccolo, solo le due ruote possono darti".

Noemi Cantele ha 27 anni e abita ad Arcisate (Varese). E' alta 1 metro e 71 e pesa 60 chili. Due ori in due prove di Coppa del Mondo, due volte quarta ai mondiali (2006 e 2007), due volte classificata alle Olimpiadi. Il 10 maggio l'aspetta una prova di Coppa del mondo e il 5 luglio il Giro d'Italia femminile.

La scoperta della libertà

In effetti, è proprio qui che nasce l'amore per la bici. "E' uno dei giochi più ambiti dai bambini. E' il più importante, perchè ti porta a fare le prime grandi conquiste" spiega Noemi. Chi non ricorda quando, lanciata dal papà, si è librata per la prima volta senza le rotelle? E questa sensazione di avere il mondo in mano non muore mai. "In sella fai cose che credi impossibili, anche a 80 anni. Con poche giornate di allenamento puoi pedalare per 50 chilometri. Ma per me, ancora oggi resta un gioco: non devi prenotare un campo, non devi cercare qualcuno che stia contro o con te. Ti bastano una strada e il tuo mezzo -racconta la campionessa- E poi questo sport ha una forza aggregante straordinaria. In gara viene fuori il campione, ma la sua vittoria è in gran parte costruita dalla squadra. Dai gregari che sono in coda al gruppo, prendono la borraccia e fanno il lavoro di fatica. E dai compagni, che ti stanno davanti fendendo l'aria, per farti risparmiare energie e lanciarti nella volata finale."

Lo sa bene anche chi si limita al giretto della domenica. In salita ci si aspetta, se si è stanchi ci si mette sulla scia, si fanno i gruppetti e si riesce a parlare. Per questo, dopo il calcio, il ciclismo è lo sport più popolare in Italia. "Da noi ha ancora intorno a sé l'alone della lotta partigiana, quando la bici era un mezzo di trasporto. Resta una disciplina romantica e affascinante" spiega Noemi. "E anche le bici, nonostante i cambiamenti, in fondo sono rimaste le stesse di 60 anni fa: solo più leggere".

La scoperta dell'agonismo

Ciò che cambia sono i numeri. Crescono le ragazze appassionate delle due ruote, anche per merito del fisico che questo sport regala: pancia piatta e gambe asciutte, per nulla "polpaccione". E' vero, quelle che scelgono la specialità su strada sono ancora poche: appena 300 le tesserate. Però sono buone, soprattutto ad alti livelli. "Chi non conosce il ciclismo femminile, resta stupito dalla preparazione delle atlete" precisa Noemi. "Non abbiamo nulla da invidiare agli uomini, se non la visibilità: tranne che ai Mondiali e alle Olimpiadi, non si parla mai di noi. E il nostro Giro d'Italia viene trasmesso in differita. Eppure ci sono ottime squadre, soprattutto a livello giovanile."

La scoperta del carattere

E' lì che il ciclismo può insegnare tanto. "Uno dei motivi che mi spingono a tener duro è cercare di convincere gli altri che questo sport ha dei grandi valori" afferma Noemi. "E' tormentato, bersagliato com'è dagli interessi del doping. Ma se sei pulito, di questa disciplina prendi solo il meglio: la grande scuola di coraggio e autostima. Sotto il sole o con la pioggia, sei lì da solo a pedalare e hai davanti la strada. Non sai se arrivi in cima alla salita e come ci arrivi. Ma alla fine ce la fai. Con il tuo manubrio, i tuoi pensieri e le tue gambe".

Ecco, ci vogliono le gambe per mandare avanti la bici. Sembra ovvio, ma non lo è. Puoi avere tutta la tecnologia di ultima generazione (dal carbonio ultraleggero alle selle super comode, dalla scarpette-guanto ai pantaloncini col fondello) ma se non ci metti perseveranza e costanza, i risultati non arrivano.

"Certo non è più come 100 anni fa, quando le strade erano bianche, le tappe da 300 chilometri e le bici da 15 chili (oggi ne pesano al massimo sette). Ma ancora oggi il nostro sport, soprattutto ad alti livelli, è fatto di sudore e sacrificio" commenta Noemi. "Il ciclismo insegna cos'è la fatica, cosa significa salire e scendere, non solo dalle montagne ma anche nelle fortune e nei dispiaceri. Insegna a vivere. E' un lungo viaggio alla ricerca di se stessi."

A casa allena la testa

Le gambe di Noemi ormai in bici vanno da sole. Ma la testa non smette mai di lavorare. Così, a casa, ha bisogno di rilassarsi. Con Sky, il meticcio di strapazzare di coccole, e la cucina: le sue performance migliori ai fornelli sono le crêpes (certo, con una mamma francese...). E poi la lettura: il coach la segue in un training mentale particolare, per acquisire sicurezza e serenità.

Alla ricerca dell'equilibrio

Noemi passa dal training sulla pedana morbida, per migliorare l'equilibrio, alle sedute con il maestro Francesco Curci, per imparare a lasciarsi andare e a non "sbandare" mai. Per questo anche in sella, dove sta 4 ore al giorno, coprendo fino a 140 chilometri, non cerca l'aiuto di beveroni sospetti: preferisce la naturalissima acqua di sorgente.

Una maniaca in officina

Noemi è una vera maniaca della sua bici. La pulisce e la ingrassa ogni settimana. E' una BMC tutta su misura. Al punto che, se il meccanico della squadra sposta qualcosa anche solo di un millimetro, lei se ne accorge. E son guai!